Leggende e Tradizioni
Tutti conoscono Pietra Cappa, il più grande monolite d’Europa, ma pochi conoscono la sua storia.
Si narra che Gesù insieme ai propri discepoli, nel Suo percorso di predicazione, giunse in Calabria.
Trovatisi nel nostro territorio, nel viaggio verso Roma, prima di iniziare la risalita della montagna, Gesù chiese loro di prendere una pietra e seguirlo.
Tutti presero pietre di dimensioni normali mentre San Pietro, per non affaticarsi, decise di prendere un minuscolo sassolino.
Arrivati in cima alla montagna, prima di ridiscenderla, Gesù disse loro: “Riposatevi e mangiate!”. Quando ebbe finito di pronunciare queste parole le pietre si trasformarono in pane tra la gioia e lo stupore dei suoi discepoli che così ebbero a saziarsi.
Solo San Pietro era rimasto male e si recò dal Maestro con una briciola di pane, corrispondente alla pietra che aveva portato, per protestare.
Gesù precisò che doveva avere più fede e così detto ripartirono.
Tempo dopo, mentre rientravano verso la Galilea, si trovarono nuovamente nel nostro territorio e ancora una volta il Maestro chiese ai suoi discepoli di prendere una pietra e seguirlo in cima alla montagna.
Memore di ciò che avvenne la volta precedente, stavolta San Pietro prese la pietra più grande che trovò e con fatica la spinse fin sopra alla cima della nostra montagna.
Giunti a destinazione, Gesù disse: “visto che siete stanchi, riposatevi sedendovi sopra la pietra che avete portato”.
San Pietro guardò triste e sconsolato l’enorme macigno che con fatica aveva trasportato e subito capì l’insegnamento del Maestro. Immediatamente si recò da Lui e gli disse: “Scusami, Maestro, per la mia ingordigia e a memoria del mio errore fa che questa pietra rimanga sempre qui: visibile a tutti gli uomini, in modo che non commettano il mio stesso peccato.
Per quanto riguarda le leggende legate alla rocca di San Pietro, la più famosa narra di quando San Pietro fu sfidato dal Diavolo a mostrare alla popolazione natilese, che in questo caso era pure chiamata a giudicare, chi fosse il più abile costruttore tra i due.
Giunti sul luogo delle odierne Rocche di San Pietro, il diavolo riuscì a paralizzare San Pietro e a mostrare alla popolazione la sua opera: appunto le grotticelle scavate nella roccia.
San Pietro non poteva muovere nessuna parte del corpo a parte la testa, e mentre la popolazione guardava ammirata l’opera del demonio, il Santo, con furbizia e scaltrezza, prese la parola, così, muovendo il capo a modo di segno di croce, disse: “quell’apertura da sopra la farei sotto e quella da sinistra la farei a destra”.
Quindi, liberatosi col segno della Croce compiuto con il movimento della testa, diede un ceffone al Diavolo che si andò a schiantare contro la parete rocciosa di Pietra Cappa, dove tutt’ora è possibile vedere una grossa macchia nera.
Questa è la leggenda del monaco della Pietra di San Pietro, una delle tante leggende che aleggiano sul nostro territorio.
Essa narra che sulla Pietra di San Pietro viveva un monaco di nome Petrus. Egli era lì a fare la guardia alla statua di San Pietro.
Un giorno, mentre era lì, in silenzio, sentì una presenza e capì subito che si trattava del diavolo.
Il monaco chiese quindi all’immondo essere cosa volesse e di farsi vedere, ma il demonio si rifiutò. Perciò Petrus lo minacciò dicendogli di andare via altrimenti avebbe fatto il segno della Croce e lo avrebbe fatto precipitare nel burrone sottostante la pietra di San Pietro. Così il diavolo andò via.
Tuttavia, il giorno seguente, il demonio, si ripresentò al monaco. Il sant’uomo, mise da parte le minacce e disse al diavolo che se stavolta si fosse fatto vedere, egli, non avrebbe fatto il segno della Croce con le mani.
Il diavolo ribatté che, se il monaco lo voleva vedere, doveva legarsi le mani dietro la schiena. Il monaco così fece e il demonio apparve.
Ma, quella operata dal monaco, era una trappola ed infatti, una volta visto il diavolo, prontamente fece il segno della croce con la testa; con questo gesto bloccò il demonio e appena liberatesi le mani diede un pugno così forte al diavolo che lo scaraventò contro la vicina Pietra Cappa.
A memoria di ciò rimane, sulla parete rocciosa di Pietra Cappa, l’impronta nera del diavolo.
La leggenda narra che la maga Sibilla vivesse in un castello incantato nell’Aspromonte, vicino all’odierno santuario della Madonna della montagna. E che in quel luogo insegnasse alle giovani ragazze l’arte del cucito in quanto la maga Sibilla era la detentrice dei saperi e delle arti. Inoltre, la strega, istruiva la popolazione e profetizzava il futuro.
Ogni giorno, oltre ad insegnare alle fanciulle, la Sibilla, le interrogava su cos’avessero sognato. Fu così che, un giorno, la Vergine Maria le raccontò di aver sognato un raggio di sole che l’attraversava.
Capito il significato del sogno venne pervasa da ira ed invidia in quanto una semplice contadina era stata stata scelta quale madre di Dio. Perciò, colma di rabbia, la strega, costrinse tutte le allieve a buttare nel fuoco ogni libro.
Tutte le ragazze gettarono i propri libri nelle fiamme. Tutte tranne la futura Madre di Dio, La quale lo nascose, tra le vesti, sotto l’ascella.
Così la Sibilla interrogò le allieve se avessero adempiuto al comando e ricevendo risposte affermative da parte delle varie allieve giunse dalla Madonna alla quale chiese se anche Lei avesse bruciato i Libri. La Madre del Cristo aprendo le braccia, con attenzione per non far cadere il volume nascosto sotto le ascelle, rispose “L’ho!”.
La strega interpretò quest’ultima come risposta affermativa e continuò ad interrogare le rimanenti allieve.
Così la Vergine salvò le arti e la scrittura.
Tempo dopo, la malvagia donna, venne a conoscenza che la Santa Vergine aveva dato alla luce il figlio di Dio e cominciò a dar di matto nel suo palazzo in Aspromonte. Convinse il fratello Marco di mettersi alla ricerca di Maria e Gesù per vendicare l’offesa che la strega aveva subito.
Fu così che, dopo lungo tempo, Marco trovò il Figlio di Dio e gli diede uno schiaffo.
Per questo gesto, il fratello della Sibilla, venne incatenato e rinchiuso dagli angeli all’interno di Pietra Cappa. La mano di Marco divenne pesantissima e, inoltre, si racconta che si sentano ancora i suoi lamenti mentre sbatte le catene contro la parete rocciosa del gigantesco monolite.
La Sibilla, invece, venne condannata a stare nel suo castello, in solitudine.
Nei secoli successivi, il castello, venne coperto dalla vegetazione ma ciò non impedì alla strega di trarre in inganno, attirando verso il suo antro, le persone che si perdevano in quella zona aspromontana.
Così a vegliare sulla sicurezza degli esseri umani venne edificato il monastero della Madonna della Montagna.
La statua della Santa Vergine ha sempre lo sguardo rivolto verso il lato della montagna ove si trova il castello della Sibilla, ed anche oggi, durante la processione, viene girata in modo rapido così da non dar mai le spalle alla strega.
Nell’XI secolo un pastore, di nome Italiano, originario di Santa Cristina d’Aspromonte era intento a cercare un toro che aveva smarrito in montagna.
Dopo tanta ricerca riuscì a ritrovare l’animale. Quest’ ultimo era intento a scavare con le zampe in terra.
Il pastore, incuriosito, si avvicinò e vide che il toro aveva finito la sua fatica e si era messo in posizione prostrante, con le zampe avanti piegate, davanti alla croce di ferro che aveva dissotterrato.
Lo stupore fu maggiore quando, al pastorello, ormai vicino al toro, apparve la Vergine Maria con in braccio Gesù bambino.
Immediatamente il pastore si inginocchiò davanti alla Madonna, la quale, gli disse: “Voglio che si erga una chiesa per diffondere le mie grazie sopra tutti i devoti che qui verranno a visitarmi”.
E fu così che venne fondato il monastero della Madonna di Polsi, detta anche Madonna della Montagna.